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Don Bosco Centro Storico / Viale San Giovanni Bosco

Don Bosco si divide su Alessio Burtone

Nel quartiere dove è cresciuto Alessio si commenta la vicenda delle proteste contro i militari che hanno portato il ragazzo in carcere. E si incolpa la solitudine in cui versano i giovani del quartiere

Tanti negozi e tanta gente che transita in via San Giovanni Bosco, la strada dove abita Alessio Burtone, il ventenne protagonista dell'aggressione alla romena Maricica Hahaianu alla fermata della metro Anagnina.

Burtone ha lasciato la sua abitazione nel quartiere Don Bosco alla volta di Regina Coeli nel pomeriggio del 17 ottobre, scortato da quattro carabinieri, che sono stati insultati da alcuni ragazzi presenti mentre altri alzavano i cori 'Alessio libero' , 'Alessio uno di noi'.

Tra la tanta gente che passeggia in via San Giovanni Bosco un giovane papà non ci sta a mescolarsi con quelle persone, né con quelle che hanno affisso sul portone della famiglia Burtone il cartello 'Alessio libero'. "Noi non siamo così, ci vergogniamo di quelli che lo hanno applaudito: certo, è un quartiere dove l'anonimato, il menefreghismo, il girarsi dall'altra parte sono diventati i nuovi valori, ma temo che sia così da molte parti ormai. Però io a mio figlio insegno il rispetto, la forza della libertà, e credo che insistendo qualcosa capirà".

Ci sono dei bambini che giocano nel giardino davanti alla chiesa, un giardino che corre lungo la strada principale; ad allungare il braccio le puoi toccare le auto e gli autobus che passano. "Non è il massimo, ma almeno è vicino. Altrimenti dove li portiamo i ragazzini quando escono dalla scuola? Non tutti si sentono tranquilli a portarli al Parco degli Acquedotti. E' lontano e non è tanto sicuro", sostengono alcuni genitori del quartiere.

E di Alessio che sapete? "L'abbiamo visto in tv, quella povera donna, uccisa così…". commenta qualcuno.

Il parroco di don Bosco ha visto tante famiglie, soprattutto vecchi soli, bussare alla sua porta, e sono almeno duecento i pacchi che ogni mese distribuisce insieme alla Caritas.

"La povertà qui ha incattivito tutti e ha fatto lievitare la rabbia, le insoddisfazioni - dice il parroco che da due anni si prende cura di oltre trentamila parrocchiani.

Noi ci siamo, anche fisicamente, al centro del quartiere con l'oratorio, le partite di calcio, di ping pong, ma non basta. Nemmeno l'impegno di tutti quei volontari che studiano con chi ha qualche difficoltà, né i corsi organizzati per tutti i giovani del quartiere sono sufficienti."

"In questo quartiere ci si sente soli, i ragazzi sono soli. Dove stanno i loro genitori - si chiede don Elverino, corpo e voce dell'oratorio del quartiere - quando queste anime si persono per strada?".

"Tanto niente è più come prima - ripetono alcune donne del quartiere. Ora ci sono anche gli stranieri, gli indiani, i cinesi. Non che diano fastidio per carità, però ci sono".

"Alessio ha sbagliato - proseguono - ha commesso un errore, va bene, però non sapremo mai se è stato provocato. Quella donna poteva allontanarsi da lui, era lei in fondo la più grande, doveva ragionare lei, mica Alessio".

 

fonte dichiarazioni "Il Messaggero"

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